Mi piacerebbe condividere con voi la mia registrazione di uno dei brani forse tra i più svalutati ma anche tra i più belli proposti nel panorama mondiale della musica Latino Americana quale appunto Libertango di Astor Piazzolla. Vi propongo una versione nella quale l'oboe realizza la parte melodica con qualche variazione sul tema. Quando la musica è perfetta ed affascinante di suo la si può realizzare con qualsiasi strumento. Ricordo ai non addetti ai lavori, che la versione originale del brano è realizzata con il bandoneón, un tipo di fisarmonica e strumento preferito dal compositore.
oboesommerso
Blog di utilità e di condivisione di contenuti e informazioni culturali con particolare riguardo al grande mondo della musica.
lunedì 7 dicembre 2020
domenica 21 maggio 2017
Anonimo Veneziano
LA TRAMA
Un suonatore di oboe alla Fenice sa di avere poco tempo da vivere. Chiama la
moglie a Venezia e dirige il concerto che ha sempre desiderato
dirigere. Straziante corrida coniugale sullo sfondo di una livida
laguna.
LA MUSICA
La musica è di Alessandro Marcello, un nobile
veneziano, vissuto tra il XVII e il XVIII secolo, che sviluppò diversi
interessi nella poesia, nella filosofia, nella matematica e naturalmente
nella musica.Giovane contemporaneo di Antonio Vivaldi, Marcello tenne concerti nella sua casa di Venezia.
Compose e pubblicò diversi parti di concerti, inclusi sei concerti pubblicati sotto il titolo La Cetra, cantate, arie, canzonette e suonate per il violino. Compose anche sotto lo pseudonimo di Eterio Stinfalico, il suo nome come membro della celebre Pontificia Accademia degli Arcadi.
Il suo concerto La Cetra è “inusuale per l’assolo degli oboi”.
Utilizzò il contrappunto abilmente, ma non si allontanò mai eccessivamente dallo stile in voga, alla Vivaldi.
Il concerto in Re minore per oboe, archi e basso continuo risulta essere forse la sua opera più famosa e celebre tanto che Johann Sebastian Bach ne fece una trascrizione per clavicembalo (BWV 974).
Musiche e Poesie......
L’attimo
Ecco l’attimo. E un istante dopo ecco l’attimo successivo. Siamo nati per vivere gli attimi. Gli attimi come fossero note musicali. Un maestro dirige l’orchestra, fa attenzione agli eventi sonori che scorrono, li apprezza, li gusta, li riascolta uno ad uno. Se anche noi potessimo fare così con i nostri attimi, con i nostri momenti da vivere, con le nostre emozioni, se solo esistesse un modo per poter riavvolgere il nastro della nostra vita per rivivere gli attimi che passano, che sfuggono, per gustarli a pieno, per viverli a pieno, non dimenticando un solo momento che ogni attimo trascorso è un dono.
D.L.
martedì 4 ottobre 2016
APRIL SNOW OST (LOVE THEME)
Ormai credo sia risaputo il mio folle amore verso il genere di musica da film. Vi propongo un breve passaggio dell'intera colonna sonora. Per me questa musica implementa la sua vera essenza: il punto di congiunzione tra vita reale e vita eterna.
E ora una breve descrizione del lungo metraggio. Il film è di Jin-ho Hur. Con Yong-jun Bae, Ye-Jin Son, Kwang-il Kim, Kook-huan Chun, Clazziquai.
Titolo originale Oechul. Drammatico, durata 105 min. - Corea del sud 2005.MYMONETRO April Snow.
Trama:
In-su accorre al capezzale della moglie, entrata in coma come conseguenza di un incidente d'auto, ma scopre ben presto che l'uomo che era in auto con lei è in realtà il suo amante. Incontrandosi forzatamente in ospedale con la moglie del fedifrago, al centro di una situazione analoga alla sua, In-su finisce per condividere con lei rabbia e desiderio di rivalsa, ma lentamente tra loro, nonostante le circostanze avverse, cresce un sentimento sempre più forte.
Guadagnatosi giusta fama di maestro del melò, in Corea e non solo, grazie agli exploit di Christmas in August e One Fine Spring Day, Hur Jin-ho non accenna a spostarsi dal genere che gli è caro in April Snow. Ma dove nei film precedenti l'irruzione della tragedia o del risvolto più amaro dell'amore non impediva ai sentimenti di fluire liberamente, in April Snow tutto è trattenuto, inibito, quasi che l'amore fosse qualcosa di cui vergognarsi, da nascondere pur di mantenere le apparenze di uno status quo convenzionale, sebbene inaccettabile, o da utilizzare per un riscatto del proprio orgoglio ferito, quando non per vendetta contro il responsabile di quel ferimento.
Di qui l'esitazione di Seo-young, completamente chiusa in se stessa dopo aver scoperto la tresca del marito, o quella di In-su, insicuro sulla natura dei propri sentimenti, una volta messo di fronte agli scherzi inesorabili e contraddittori del Fato. Ma l'atteggiamento dimesso di Seo-young lascia ben presto spazio a una presa di coscienza e di coraggio nell'affrontare una svolta importante della propria vita, uccidendo metaforicamente e prematuramente il proprio consorte - emblematica la scena in cui, sovrappensiero, gli copre il volto - per tuffarsi nell'ignoto di una nuova e disagevole relazione con il tentennante In-su. Non manca il marchio di fabbrica di Hur Jin-ho, ossia l'intervento fondamentale, quando non demiurgico, delle stagioni e del mutare del clima nelle faccende d'amore, quasi come se solo così il Fato potesse esternare il suo volere e cercare di indirizzare i cuori nella giusta direzione. Mai una nevicata in aprile è stata tanto propizia e ben accetta. (recensione dal sito: MYmovies)
E ora una breve descrizione del lungo metraggio. Il film è di Jin-ho Hur. Con Yong-jun Bae, Ye-Jin Son, Kwang-il Kim, Kook-huan Chun, Clazziquai.
Titolo originale Oechul. Drammatico, durata 105 min. - Corea del sud 2005.MYMONETRO April Snow.
Trama:
In-su accorre al capezzale della moglie, entrata in coma come conseguenza di un incidente d'auto, ma scopre ben presto che l'uomo che era in auto con lei è in realtà il suo amante. Incontrandosi forzatamente in ospedale con la moglie del fedifrago, al centro di una situazione analoga alla sua, In-su finisce per condividere con lei rabbia e desiderio di rivalsa, ma lentamente tra loro, nonostante le circostanze avverse, cresce un sentimento sempre più forte.
Guadagnatosi giusta fama di maestro del melò, in Corea e non solo, grazie agli exploit di Christmas in August e One Fine Spring Day, Hur Jin-ho non accenna a spostarsi dal genere che gli è caro in April Snow. Ma dove nei film precedenti l'irruzione della tragedia o del risvolto più amaro dell'amore non impediva ai sentimenti di fluire liberamente, in April Snow tutto è trattenuto, inibito, quasi che l'amore fosse qualcosa di cui vergognarsi, da nascondere pur di mantenere le apparenze di uno status quo convenzionale, sebbene inaccettabile, o da utilizzare per un riscatto del proprio orgoglio ferito, quando non per vendetta contro il responsabile di quel ferimento.
Di qui l'esitazione di Seo-young, completamente chiusa in se stessa dopo aver scoperto la tresca del marito, o quella di In-su, insicuro sulla natura dei propri sentimenti, una volta messo di fronte agli scherzi inesorabili e contraddittori del Fato. Ma l'atteggiamento dimesso di Seo-young lascia ben presto spazio a una presa di coscienza e di coraggio nell'affrontare una svolta importante della propria vita, uccidendo metaforicamente e prematuramente il proprio consorte - emblematica la scena in cui, sovrappensiero, gli copre il volto - per tuffarsi nell'ignoto di una nuova e disagevole relazione con il tentennante In-su. Non manca il marchio di fabbrica di Hur Jin-ho, ossia l'intervento fondamentale, quando non demiurgico, delle stagioni e del mutare del clima nelle faccende d'amore, quasi come se solo così il Fato potesse esternare il suo volere e cercare di indirizzare i cuori nella giusta direzione. Mai una nevicata in aprile è stata tanto propizia e ben accetta. (recensione dal sito: MYmovies)
sabato 12 marzo 2016
PULCINELLA DI I. STAVINSKIJ
Pulcinella, suite da concerto
Musica: Igor Stavinskij
1 Sinfonia
2 Serenata
3 Scherzino
- Allegretto - Andantino
4 Tarantella
5 Toccata
6 Gavotta
(con due variazioni)
7 Vivo
8 Minuetto
- Finale
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti,
2 corni, tromba, trombone, 2 violini, viola, violoncello e ripieno d’archi
Composizione: 1922
Prima esecuzione:
Boston, Symphony Hall, 22 dicembre 1922
Edizione: Edition Russe de Musique, Parigi, 1922
Guida all'ascolto 1 (nota 1)
Le prime
importanti composizioni di Stravinskij,
dall'Uccello di fuoco al Sacre du primtemps, nacquero sotto il
segno dei Ballets Russes di Diaghilev. Anche l'idea di comporre Pulcinella
scaturì da una passeggiata tra Stravinskij e Diaghilev, a Parigi, in un
pomeriggio di primavera del 1919. L'impresario aveva avuto l'idea di creare uno
spettacolo coreografico su musiche di Pergolesi, sulla scia della positiva
esperienza del balletto Le donne di buon umore, con musiche di Scarlatti
orchestrate da Vincenzo Tommasini, o della Boutique Fantasque, con
musiche di Rossini orchestrate da Respighi. E suggerì al compositore di
scrivere una partitura servendosi di alcune musiche di Pergolesi, in parte
edite ma rare, in parte del tutto sconosciute. Dopo le prime esitazioni
(«Quando mi chiese di orchestrare della musica di Pergolesi per un balletto
pensai che fosse diventato matto»), Stravinskij cominciò a lavorare con piacere
su «quei numerosi frammenti e brandelli di opere incompiute o appena abbozzate,
che avevano avuto la fortuna di sfuggire ai filtri dei redattori accademici» e
che gli facevano «sentire sempre di più la vera natura di quel musicista, e
discernere in maniera sempre più netta la sua prossima parentela spirituale e,
per così dire, sensoriale, con lui».
Oltre all'interesse per la musica di Pergolesi,
per la sua gestualità, la vitalità ritmica, un certo gusto per il popolaresco
che la contraddistingue, Stravinskij fu attratto anche dalla presenza di Pablo
Picasso e di Léonide Massine, che erano stati chiamati a collaborare
rispettivamente per scene e costumi, e per la coreografia. Il soggetto fu
ricavato da uno scenario della Commedia dell'Arte, I quattro pulcinelli
simili, scovato da Diaghilev alla Biblioteca Nazionale di Napoli:
Pulcinella è amato da tutte le ragazze di Napoli, ma scatena la gelosia degli
altri uomini che tramano per ucciderlo; in una strada della vecchia Napoli
Coviello e Florindo corteggiano invano Rosetta e Prudenza, che sono invece
attratte da Pulcinella, che a sua volta ama Pimpinella; rosi dalla gelosia
Coviello e Florindo aggrediscono Pulcinella e sembra che lo uccidano;
Pulcinella in realtà riesce a fuggire, lasciando un finto morto (il suo amico
Furbo) che viene trasportato via tra i pianti e la commozione generale, e che
poi viene resuscitato da un (finto) mago; in seguito si viene a sapere che ci
sono due Pulcinella, che poi diventano quattro quando Coviello e Florindo
tornano in scena travestiti (da Pulcinella appunto), per avere più successo con
le due ragazze; solo nel lieto fine le coppie si riconciliano.
Per comporre questo "balletto con voci e
piccola orchestra" Stravinskij dunque attinse a pagine che all'epoca si
credevano autenticamente di Pergolesi: «La selezione definitiva dei pezzi di
Pergolesi derivò solo in parte dagli esempi propostimi da Diaghilev, e in parte
da quelli già pubblicati; mi suonai perciò tutto il Pergolesi disponibile prima
di far le mie scelte».
La ricerca musicologica ha successivamente
dimostrato che solo nove dei diciotto pezzi scelti dal compositore sono
attribuibili a Pergolesi: cinque brani della commedia musicale Lo frate
'nnammorato (Napoli 1732), due brani dalla commedia musicale Il Flaminio
(Napoli 1735), un brano dal dramma serio Adriano in Siria (Napoli 1734),
un frammento dalla cantata per soprano, archi e basso continuo Luce degli
occhi miei, e il finale della Sinfonia in fa maggiore per violoncello e
basso continuo. Sono invece spuri la Canzona per soprano "Se tu
m'ami", l'ultimo movimento dei Concerti armonici di Ulrico Wilhelm
van Wassenaer (1740), alcuni tempi tratti da varie Sonate a tre
attribuite al compositore napoletano Domenico Gallo, le Otto lezioni per
clavicembalo (pubblicate a Londra tra il 1771 e il 1778), e una Suite
per orchestra attribuita a Fortunato Chelleri. Stravinskij cominciò a
lavorare su quei frammenti a Morges («Cominciai a comporre direttamente sui
manoscritti di Pergolesi, come se stessi correggendo un mio vecchio lavoro
[...]. Sapevo benissimo che non avrei potuto produrre una contraffazione [...]
al massimo potevo ripetere Pergolesi con il mio accento personale») portando a
termine la partitura il 20 aprile 1920.
Nella vasta produzione stravinskijana, Pulcinella
viene considerata l'opera capostipite della fase cosiddetta neoclassica, e
l'esempio più eclatante della poetica dei recuperi della musica del passato,
della "musica al quadrato": «Pulcinella fu la mia scoperta del
passato [...] uno sguardo all'indietro, la prima di molte avventure amorose in
quella direzione». Dopo la prima diretta da Ernest Ansermet all'Opera di
Parigi, il 15 maggio 1920, ci fu chi parlò del "gusto da cleptomane del
musicista russo", e chi giudicò Pulcinella solo un'abile
trascrizione. Ma il grande successo che ottenne spinse due anni dopo Stravinskij
a rielaborare la partitura in una Suite da concerto, che fu diretta il
22 dicembre 1922 da Pierre Monteux sul podio dell'Orchestra sinfonica di
Boston, e poi revisionata nel 1949.
Nella Suite Stravinskij eliminò tutte le
parti vocali, che comunque non erano direttamente legate all'azione del
balletto (Stravinskij aveva previsto che i tre solisti cantassero in orchestra,
senza essere identifìcabili con i danzatori sulla scena), sostituendole con
linee strumentali (ad esempio la parte del tenore nel secondo movimento, la Serenata,
è sostituita dall'oboe). E ridusse i movimenti da 18 a 8 (con un dimezzamento
complessivo della durata): ai primi cinque movimenti del balletto corrispondono
i primi tre della Suite (con l'accorpamento di Scherzino, Allegro
e Andantino nel terzo movimento), mentre dagli ultimi tempi del balletto
sono stati ricavati gli altri movimenti della Suite (ancora con
l'accorpamento di Minuetto e Finale nel movimento conclusivo).
La Suite appare quindi come un concentrato
delle caratteristiche musicali del balletto Pulcinella, la quintessenza
del Neoclassicismo di Stravinskij, di quel geniale gioco di metamorfosi che gli
permise di mantenere inalterate le linee melodiche dei frammenti originali,
attenendosi anche per i bassi allo stile di Pergolesi, ma deformandone tutti
gli altri parametri. Il compositore intervenne sistematicamente sulle strutture
fraseologiche, per rompere la simmetria delle frasi, attraverso lo spostamento
degli accenti, l'aggiunta o l'elisione di tempi e di battute. Ma anche mettendo
in primo piano elementi originariamente di stondo, come i disegni di
accompagnamento, deformando le ripetizioni del Tutti all'interno dello schema
rigido del concerto barocco, aggiungendo elementi atti ad incrementare la
propulsione ritmica. Con un organico che escludeva i clarinetti e conservava la
divisione in "concertino" e "ripieno", tipica del Concerto
Grosso, Stravinskij riuscì anche a creare un "sound" molto
particolare, basato soprattutto sugli impasti degli strumenti a fiato, e sulla
ricerca di originali soluzioni timbriche: ad esempio le continue permutazioni
di colori strumentali nello Scherzino (tratto dal Moderato
iniziale della Sonata in si bemolle maggiore di Gallo) o le combinazioni
di armonici di violini e flauti nell'Andantino (tratto dall'Allegro
della Sonata in si bemolle maggiore di Gallo), entrambi nel terzo
movimento. Ricercò anche l'effetto, come quello descrittivo degli archi che
imitano il suono di un tamburello nella Tarantella (tratta dal secondo
dei Concerti Armonici di van Wassenaer), o quello grottesco del trombone
e del contrabbasso nel settimo movimento (Vivo). Alterò l'impianto
tonale, inserendo accordi dissonanti, strutture politonali, slittamenti
armonici improvvisi, ad esempio nell'esuberante Sinfonia iniziale, e
prolungando alcune armonie, come nel caso del bordone che accentua l'atmosfera
pastorale della Serenata (tratta dall'Aria di Polidoro del Flaminio).
Introdusse infine pungenti ostinati ritmici,
carichi di humour, come quello che accompagna la Gavotta con due
Variazioni (tratta dalle Otto Lezioni per clavicembalo, o ancora nel
Finale (tratto dalla Sonata a tre in mi maggiore di Gallo), con
la sua formula di chiusura che viene reiterata fino all'ossessione.
Gianluigi Mattietti
Guida all'ascolto 2 (nota 2)
Dal balletto con canto in un atto Pulcinella,
commissionatogli da Diaghilev e rappresentato per la prima volta a Parigi il 15
maggio 1920, Stravinskij trasse nel 1922 una suite da concerto composta di otto
numeri dei diciotto originari. In essi le voci sono sostituite dagli strumenti,
e ciò accresce la genialità di questa singolare rivisitazione del Settecento
napoletano, una delle pietre miliari del neoclassicismo novecentesco. Per la
prima volta, rifacendosi ad un materiale proveniente dal passato (nel nome del
massimo rappresentante della scuola napoletana, Giovanni Battista Pergolesi),
Stravinskij stabiliva un rapporto tra avanguardia e tradizione, tra libera
invenzione e ricalco stilistico di procedimenti compositivi lontani nel tempo:
assunti, questi ultimi, non per essere restaurati, ma per risuonare come voci
immediate del presente, con i tratti inequivocabili della modernità. In questo
senso ha poca importanza che buona parte dei materiali su cui lavorò
Stravinskij fossero falsi pergolesiani, come le indagini più recenti hanno
dimostrato (solo nove dei pezzi inseriti nel Pulcinella sono davvero di
Pergolesi): ciò che conta è il gesto, e in secondo luogo la realizzazione,
ossia la saldatura di passato e presente sul piano di una appropriazione
disinvolta perché puramente musicale. Dove la vertigine che avvolge con le sue
armonie dissonanti e i suoi ritmi spezzati il materiale di partenza si
ricompone nella nitidezza di una strumentazione incredibilmente ricca di
trovate pur nell'organico limitato dell'orchestra da camera. Ognuno degli otto
pezzi circoscrive un mondo sonoro ed espressivo a sé stante, ben al di là dei
riferimenti a forme volutamente classiche (dalla Ouverture alla Serenata, alla
Tarantella, dalla Toccata alla Gavotta con variazioni, al Minuetto che precede
il gran finale); essi coniugano un lucido virtuosismo a un gusto dello
spiazzamento e della sorpresa, che ne è il connotato fondamentale: con diversi
tipi di intervento che vanno dalla funzione straniante, grottesca e
caricaturale della strumentazione (esempio massimo l'uso sfrontato del trombone
nel settimo brano, Vivo), alla solare immedesimazione nell'estrosa vitalità dei
ritmi e nelle figure di un paesaggio dai colori accesi. Visto però attraverso
la lente d'ingrandimento di particolari deformati, come nei quadri di Picasso.
Sergio Sablich
(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto
dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della
Musica, 22 maggio 2010
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto
de Teatro Comunale di Ferrara, Ferrara, 10 aprile 1992.
Ultimo aggiornamento 4
agosto 2014
domenica 30 agosto 2015
LA STORIA DEL JAZZ
Noto con mia grande soddisfazione che la grande mamma Rai ha incominciato veramente a fare la mamma e a istruire i propri figli (gli italiani), attraverso il servizio on demand del proprio sito internet con la riproposizione di trasmissioni culturali che raccontano il grande mondo della storia della musica. RAI 5 è il canale dedicato alla cultura in genere. Vi ripropongo la trasmissione di qualche sera fa che ha affrontato in maniera dettagliata il tema dell'evoluzione di un particolare genere della musica per così dire contemporanea, il Jazz, a partire, e non poteva essere altrimenti, dalla descrizione di uno dei più grandi interpreti di questo genere: Louis Armstrong.
giovedì 20 agosto 2015
TOSCA IN SINTESI
Il video che posto in questo articolo rappresenta, a mio avviso, una delle opere più belle mai scritte da un compositore nel panorama del genere musicale melodrammatico. Suggerisco la visione del video in particolare di tre sezioni: da minuto 1:12:42 a minuto 1:16:23 (la celebre aria di Tosca "Vissi d'arte"); da minuto 1:20:00 a minuto 1:27:07 (l'uccisione di Scarpia per mano di Tosca); da minuto 1:34:50 fino alla fine (la celebre aria di Cavaradossi "E lucevan le stelle"). Gli episodi selezionati rappresentano la sintesi dell'intera opera e potrebbe essere proposta ad una classe di scuola media o superiore, laddove
l'insegnante affronta lezioni di ascolto ed analisi dei diversi generi ed
epoche musicali.
Cenni Biografici sul compositore:
Cenni Biografici sul compositore:
Giacomo Puccini |
Giacomo Puccini, il più importante compositore italiano della generazione
post-verdiana, nacque a Lucca il 22 dicembre 1858 da una famiglia di musicisti:
da molte generazioni i Puccini erano Maestri di cappella del Duomo di
Lucca.
Dopo la morte del padre, quando aveva solo cinque anni, fu mandato a studiare presso lo zio Fortunato Magi, che lo considerava un allievo non troppo dotato e scarsamente disciplinato.
Dal 1880 al 1883 studiò al conservatorio di Milano, dove fu allievo di Amilcare Ponchielli e Antonio Bazzini. Tra le composizioni di questi anni spiccano un Preludio Sinfonico e un Capriccio Sinfonico scritto come saggio di diploma nel 1883.
Durante questo periodo milanese fu assiduo frequentatore di teatri e tramite la mediazione di Catalani entrò in contatto con Arrigo Boito, Franco Faccio, Marco Praga e gli ambienti della scapigliatura.
Puccini partecipò al concorso per opere in un atto indetto dall'editore Sonzogno nel 1883 con "Le Villi", su libretto di Ferdinando Fontana. L'opera non vinse il concorso, ma nel 1884 fu rappresentata con il titolo originale "Le Willis" al Teatro dal Verme di Milano sotto il patrocinio dell'editore Giulio Ricordi, concorrente di Sonzogno.
Rincuorato dal successo di "Le Villi", Ricordi commissionò una nuova opera al duo Puccini-Fontana, destinata questa volta al Teatro alla Scala, ma "Edgar" (1889) non ebbe successo, e nei decenni successivi sarà radicalmente rimaneggiata da Puccini.
Nel 1891 Puccini si trasferì a Torre del Lago: ne amava il mondo rustico e lo considerava il posto ideale per coltivare la sua passione per la caccia e per le baldorie tra artisti. Di Torre del Lago il maestro fece il suo rifugio, facendosi costruire la villa che andò ad abitare nel 1900 e qui furono composte le sue opere di maggior successo.
Il primo grande successo internazionale giunse a Torino nel 1903 con "Manon Lescaut" (libretto di D. Oliva), la terza opera di Puccini che segnò l'inizio della collaborazione con i librettisti Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, i quali scriveranno poi i libretti delle successive opere più famose e rappresentate del teatro pucciniano.
"La Bohème" (Torino 1896, basata su una trama di Henry Murger), è forse l'opera più celebre di Puccini e tra le migliori del panorama operistico romantico.
Con "Tosca" (1900) Puccini sfocia nel melodramma storico a forti tinte che venne accolto con favore dal pubblico romano, mentre la successiva “Madama Butterfly” (Milano 1904, basata su un dramma di David Belasco) fu un solenne fiasco alla Scala che solo dopo alcuni rimaneggiamenti diventa, in seguito, un nuovo grande successo al Teatro Grande di Brescia.
Seguirono 6 anni di pausa durante la quale Puccini lavora ad un'enorme quantità di progetti abortiti, talvolta abbandonati ad uno stadio di composizione avanzato, infine, dopo viaggi e riflessioni, ricominciò a concludere le sue composizioni nel 1910.
La passione per l'esotismo da cui era nata "Madama Butterfly" spinge sempre più il musicista a confrontarsi con il linguaggio e gli stili musicali internazionali dell'epoca, nasce così "La fanciulla del West", un western ante-litteram, rappresentata per la prima volta al Metropolitan Opera di New York nel 1910 e nel 1917 "La Rondine", concepita come operetta e nata come curioso ibrido tra operetta e melodramma.
Puccini compose 12 Opere, molte pagine corali, tra cui una Messa e un Requiem, liriche per canto e pianoforte e varie composizioni strumentali.
L'ultima opera, Turandot, iniziata nel 1920 rimase incompiuta, interrotta dalla morte di Puccini quando mancava soltanto il finale dell'ultimo atto: il compositore morì a Bruxelles il il 24 novembre 1924, per sopraggiunte complicazioni durante la cura di un tumore all'esofago.
La morte di Puccini fu un lutto per l'Italia intera e per tutti i suoi sostenitori sparsi nel mondo. Inizialmente il compositore venne seppellito a Milano, ma nel 1926 il figlio Antonio fece trasferire le sue reliquie a Torre del Lago in una piccola cappella privata della villa sul lago dove Puccini aveva composto i suoi capolavori.
Le ultime due scene della "Turandot" furono terminate da Franco Alfano, ma la sera della prima rappresentazione il maestro Toscanini interruppe l'esecuzione là dove il maestro l'aveva interrotta, con la morte di Liù.
Nel 2001 Luciano Berio compose un nuovo finale basato sul medesimo libretto e sugli appunti di Puccini.
Dopo la morte del padre, quando aveva solo cinque anni, fu mandato a studiare presso lo zio Fortunato Magi, che lo considerava un allievo non troppo dotato e scarsamente disciplinato.
Dal 1880 al 1883 studiò al conservatorio di Milano, dove fu allievo di Amilcare Ponchielli e Antonio Bazzini. Tra le composizioni di questi anni spiccano un Preludio Sinfonico e un Capriccio Sinfonico scritto come saggio di diploma nel 1883.
Durante questo periodo milanese fu assiduo frequentatore di teatri e tramite la mediazione di Catalani entrò in contatto con Arrigo Boito, Franco Faccio, Marco Praga e gli ambienti della scapigliatura.
Puccini partecipò al concorso per opere in un atto indetto dall'editore Sonzogno nel 1883 con "Le Villi", su libretto di Ferdinando Fontana. L'opera non vinse il concorso, ma nel 1884 fu rappresentata con il titolo originale "Le Willis" al Teatro dal Verme di Milano sotto il patrocinio dell'editore Giulio Ricordi, concorrente di Sonzogno.
Rincuorato dal successo di "Le Villi", Ricordi commissionò una nuova opera al duo Puccini-Fontana, destinata questa volta al Teatro alla Scala, ma "Edgar" (1889) non ebbe successo, e nei decenni successivi sarà radicalmente rimaneggiata da Puccini.
Nel 1891 Puccini si trasferì a Torre del Lago: ne amava il mondo rustico e lo considerava il posto ideale per coltivare la sua passione per la caccia e per le baldorie tra artisti. Di Torre del Lago il maestro fece il suo rifugio, facendosi costruire la villa che andò ad abitare nel 1900 e qui furono composte le sue opere di maggior successo.
Il primo grande successo internazionale giunse a Torino nel 1903 con "Manon Lescaut" (libretto di D. Oliva), la terza opera di Puccini che segnò l'inizio della collaborazione con i librettisti Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, i quali scriveranno poi i libretti delle successive opere più famose e rappresentate del teatro pucciniano.
"La Bohème" (Torino 1896, basata su una trama di Henry Murger), è forse l'opera più celebre di Puccini e tra le migliori del panorama operistico romantico.
Con "Tosca" (1900) Puccini sfocia nel melodramma storico a forti tinte che venne accolto con favore dal pubblico romano, mentre la successiva “Madama Butterfly” (Milano 1904, basata su un dramma di David Belasco) fu un solenne fiasco alla Scala che solo dopo alcuni rimaneggiamenti diventa, in seguito, un nuovo grande successo al Teatro Grande di Brescia.
Seguirono 6 anni di pausa durante la quale Puccini lavora ad un'enorme quantità di progetti abortiti, talvolta abbandonati ad uno stadio di composizione avanzato, infine, dopo viaggi e riflessioni, ricominciò a concludere le sue composizioni nel 1910.
La passione per l'esotismo da cui era nata "Madama Butterfly" spinge sempre più il musicista a confrontarsi con il linguaggio e gli stili musicali internazionali dell'epoca, nasce così "La fanciulla del West", un western ante-litteram, rappresentata per la prima volta al Metropolitan Opera di New York nel 1910 e nel 1917 "La Rondine", concepita come operetta e nata come curioso ibrido tra operetta e melodramma.
Puccini compose 12 Opere, molte pagine corali, tra cui una Messa e un Requiem, liriche per canto e pianoforte e varie composizioni strumentali.
L'ultima opera, Turandot, iniziata nel 1920 rimase incompiuta, interrotta dalla morte di Puccini quando mancava soltanto il finale dell'ultimo atto: il compositore morì a Bruxelles il il 24 novembre 1924, per sopraggiunte complicazioni durante la cura di un tumore all'esofago.
La morte di Puccini fu un lutto per l'Italia intera e per tutti i suoi sostenitori sparsi nel mondo. Inizialmente il compositore venne seppellito a Milano, ma nel 1926 il figlio Antonio fece trasferire le sue reliquie a Torre del Lago in una piccola cappella privata della villa sul lago dove Puccini aveva composto i suoi capolavori.
Le ultime due scene della "Turandot" furono terminate da Franco Alfano, ma la sera della prima rappresentazione il maestro Toscanini interruppe l'esecuzione là dove il maestro l'aveva interrotta, con la morte di Liù.
Nel 2001 Luciano Berio compose un nuovo finale basato sul medesimo libretto e sugli appunti di Puccini.
L’Opera:
Introduzione
È un'opera lirica in tre atti di Giacomo Puccini su
libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa tratta dal dramma
omonimo di Victorien Sardou.
La prima rappresentazione fu al "Teatro Costanzi" di Roma il 14 Gennaio 1900.
La prima rappresentazione fu al "Teatro Costanzi" di Roma il 14 Gennaio 1900.
I personaggi sono:
FLORIA TOSCA (soprano) celebre cantante
BARONE SCARPIA (baritono) capo della polizia
MARIO CAVARADOSSI (tenore) pittore
CESARE ANGELOTTI (basso)
IL SAGRESTANO (basso)
SPOLETTA (tenore) agente di polizia
SCIARRONE (basso) gendarme
UN CARCERIERE (basso)
UN PASTORELLO (voce bianca)
SERGENTE DEI DOGANIERI (basso)
CORO
Trama
L’azione si svolge nel 1800 a Roma in un
clima di tensione in seguito agli avvenimenti rivoluzionari in Francia e alla
caduta della prima Repubblica Romana.
ATTO I 'Chiesa di Sant'Andrea della Valle.
Il prigioniero politico Cesare Angelotti,
evaso da Castel Sant’Angelo, cerca rifugio nella chiesa, trova la chiave nel
luogo convenuto ed entra nella cappella che appartiene alla sorella, la
marchesa Attavanti.
La donna è stata ritratta senza saperlo
in un quadro del pittore Mario Cavaradossi il quale sta dipingendo una cappella
della chiesa.
Angelotti si nasconde all’apparire del
sagrestano; costui borbottando mette in ordine gli attrezzi del pittore il
quale giunge poco dopo per continuare il suo dipinto. Il sagrestano si congeda,
allora Angelotti esce dal nascondiglio, riconosce in Cavaradossi un amico e gli
racconta la sua avventurosa fuga. Il loro colloquio è interrotto dall’arrivo di
Floria Tosca, la bella cantante amante del pittore.
Di nuovo Angelotti si nasconde; Tosca,
mentre espone a Mario il suo progetto amoroso per la sera, vede nella figura
della Maddalena del dipinto la marchesa Attavanti, fa una scenata di gelosia al
pittore che riesce a calmarla. All’uscita di Tosca il fuggitivo riappare e
continua il dialogo con Mario che gli offre il suo aiuto.
Cavaradossi e Angelotti lasciano la
chiesa dove entra, alla ricerca dell’evaso, poco dopo Scarpia, capo della
polizia papalina, sospettando di Mario bonapartista.
Tosca torna alla chiesa per informare
l’amato che la sera deve cantare a Palazzo Farnese per i festeggiamenti della
vittoria dell’esercito austriaco su Napoleone a Marengo.
Scarpia, che si è invaghito di Tosca,
alimenta la gelosia della giovane; costei sospettando un incontro di Mario con
la marchesa giura di ritrovarli mentre viene seguita dal poliziotto Spoletta
per ordine del suo capo.
ATTO II 'Palazzo Farnese “Scarpia”.
Mentre cena in una sala di Palazzo
Farnese, ode la voce di Tosca che esegue la cantata celebrativa; nel frattempo
i poliziotti conducono in sua presenza Mario che, arrestato e interrogato,
rifiutando di rivelare il nascondiglio di Angelotti, viene condotto in una
stanza dove viene torturato.
Sopraggiunta Tosca convocata da Scarpia,
udendo i gemiti dell’amato, rivela il nascondiglio del fuggitivo: il pozzo
della villa di Cavaradossi.
Mario apprende del tradimento della
giovane e si rifiuta di abbracciarla; in quel momento arriva il gendarme
Sciarrone ad annunciare che Napoleone non ha subito una sconfitta, ma ha vinto
a Marengo.
Mario esulta ad alta voce e Scarpia lo
condanna immediatamente a morte. Disperata, Tosca gli chiede di concedere la
grazia a Mario. Scarpia la ricatta: se gli si concederà, potrà salvare
Cavaradossi e lasciare Roma con lui. Viene interrotto da Spoletta il quale
informa che Angelotti per evitare la cattura si è ucciso.
Tosca promette di darsi a Scarpia in
cambio della vita dell’amato, allora costui finge di dare ordini perché la
fucilazione di Mario sia solo simulata con i fucili caricati a salve. Mentre
quello compila il salvacondotto la giovane prende un coltello e lo uccide.
ATTO III 'La piattaforma di Castel Sant'Angelo'.
È l’alba. Cavaradossi, in attesa di
essere giustiziato, inizia a scrivere una lettera di addio che un carceriere,
in cambio di un anello, dovrà consegnere a Tosca. La donna arriva e informa il
giovane della fucilazione simulata; in realtà Scarpia l’ha ingannata: Mario
viene fucilato veramente.
Allora Tosca, disperata ed inseguita
dagli sbirri che hanno scoperto il cadavere di Scarpia, si getta dagli spalti
del castello.
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