Ormai credo sia risaputo il mio folle amore verso il genere di musica da film. Vi propongo un breve passaggio dell'intera colonna sonora. Per me questa musica implementa la sua vera essenza: il punto di congiunzione tra vita reale e vita eterna. E ora una breve descrizione del lungo metraggio. Il film è di Jin-ho Hur. Con Yong-jun Bae, Ye-Jin Son, Kwang-il Kim, Kook-huan Chun, Clazziquai. Titolo originale Oechul. Drammatico, durata 105 min. - Corea del sud 2005.MYMONETROApril Snow. Trama: In-su accorre al capezzale della moglie, entrata in coma come conseguenza di un incidente d'auto, ma scopre ben presto che l'uomo che era in auto con lei è in realtà il suo amante. Incontrandosi forzatamente in ospedale con la moglie del fedifrago, al centro di una situazione analoga alla sua, In-su finisce per condividere con lei rabbia e desiderio di rivalsa, ma lentamente tra loro, nonostante le circostanze avverse, cresce un sentimento sempre più forte. Guadagnatosi giusta fama di maestro del melò, in Corea e non solo, grazie agli exploit di Christmas in August e One Fine Spring Day, Hur Jin-ho non accenna a spostarsi dal genere che gli è caro in April Snow. Ma dove nei film precedenti l'irruzione della tragedia o del risvolto più amaro dell'amore non impediva ai sentimenti di fluire liberamente, in April Snow tutto è trattenuto, inibito, quasi che l'amore fosse qualcosa di cui vergognarsi, da nascondere pur di mantenere le apparenze di uno status quo convenzionale, sebbene inaccettabile, o da utilizzare per un riscatto del proprio orgoglio ferito, quando non per vendetta contro il responsabile di quel ferimento. Di qui l'esitazione di Seo-young, completamente chiusa in se stessa dopo aver scoperto la tresca del marito, o quella di In-su, insicuro sulla natura dei propri sentimenti, una volta messo di fronte agli scherzi inesorabili e contraddittori del Fato. Ma l'atteggiamento dimesso di Seo-young lascia ben presto spazio a una presa di coscienza e di coraggio nell'affrontare una svolta importante della propria vita, uccidendo metaforicamente e prematuramente il proprio consorte - emblematica la scena in cui, sovrappensiero, gli copre il volto - per tuffarsi nell'ignoto di una nuova e disagevole relazione con il tentennante In-su. Non manca il marchio di fabbrica di Hur Jin-ho, ossia l'intervento fondamentale, quando non demiurgico, delle stagioni e del mutare del clima nelle faccende d'amore, quasi come se solo così il Fato potesse esternare il suo volere e cercare di indirizzare i cuori nella giusta direzione. Mai una nevicata in aprile è stata tanto propizia e ben accetta. (recensione dal sito: MYmovies)
Prima esecuzione:
Boston, Symphony Hall, 22 dicembre 1922
Edizione: Edition Russe de Musique, Parigi, 1922
Guida all'ascolto 1 (nota 1)
Le prime
importanti composizioni di Stravinskij,
dall'Uccello di fuoco al Sacre du primtemps, nacquero sotto il
segno dei Ballets Russes di Diaghilev. Anche l'idea di comporre Pulcinella
scaturì da una passeggiata tra Stravinskij e Diaghilev, a Parigi, in un
pomeriggio di primavera del 1919. L'impresario aveva avuto l'idea di creare uno
spettacolo coreografico su musiche di Pergolesi, sulla scia della positiva
esperienza del balletto Le donne di buon umore, con musiche di Scarlatti
orchestrate da Vincenzo Tommasini, o della Boutique Fantasque, con
musiche di Rossini orchestrate da Respighi. E suggerì al compositore di
scrivere una partitura servendosi di alcune musiche di Pergolesi, in parte
edite ma rare, in parte del tutto sconosciute. Dopo le prime esitazioni
(«Quando mi chiese di orchestrare della musica di Pergolesi per un balletto
pensai che fosse diventato matto»), Stravinskij cominciò a lavorare con piacere
su «quei numerosi frammenti e brandelli di opere incompiute o appena abbozzate,
che avevano avuto la fortuna di sfuggire ai filtri dei redattori accademici» e
che gli facevano «sentire sempre di più la vera natura di quel musicista, e
discernere in maniera sempre più netta la sua prossima parentela spirituale e,
per così dire, sensoriale, con lui».
Oltre all'interesse per la musica di Pergolesi,
per la sua gestualità, la vitalità ritmica, un certo gusto per il popolaresco
che la contraddistingue, Stravinskij fu attratto anche dalla presenza di Pablo
Picasso e di Léonide Massine, che erano stati chiamati a collaborare
rispettivamente per scene e costumi, e per la coreografia. Il soggetto fu
ricavato da uno scenario della Commedia dell'Arte, I quattro pulcinelli
simili, scovato da Diaghilev alla Biblioteca Nazionale di Napoli:
Pulcinella è amato da tutte le ragazze di Napoli, ma scatena la gelosia degli
altri uomini che tramano per ucciderlo; in una strada della vecchia Napoli
Coviello e Florindo corteggiano invano Rosetta e Prudenza, che sono invece
attratte da Pulcinella, che a sua volta ama Pimpinella; rosi dalla gelosia
Coviello e Florindo aggrediscono Pulcinella e sembra che lo uccidano;
Pulcinella in realtà riesce a fuggire, lasciando un finto morto (il suo amico
Furbo) che viene trasportato via tra i pianti e la commozione generale, e che
poi viene resuscitato da un (finto) mago; in seguito si viene a sapere che ci
sono due Pulcinella, che poi diventano quattro quando Coviello e Florindo
tornano in scena travestiti (da Pulcinella appunto), per avere più successo con
le due ragazze; solo nel lieto fine le coppie si riconciliano.
Per comporre questo "balletto con voci e
piccola orchestra" Stravinskij dunque attinse a pagine che all'epoca si
credevano autenticamente di Pergolesi: «La selezione definitiva dei pezzi di
Pergolesi derivò solo in parte dagli esempi propostimi da Diaghilev, e in parte
da quelli già pubblicati; mi suonai perciò tutto il Pergolesi disponibile prima
di far le mie scelte».
La ricerca musicologica ha successivamente
dimostrato che solo nove dei diciotto pezzi scelti dal compositore sono
attribuibili a Pergolesi: cinque brani della commedia musicale Lo frate
'nnammorato (Napoli 1732), due brani dalla commedia musicale Il Flaminio
(Napoli 1735), un brano dal dramma serio Adriano in Siria (Napoli 1734),
un frammento dalla cantata per soprano, archi e basso continuo Luce degli
occhi miei, e il finale della Sinfonia in fa maggiore per violoncello e
basso continuo. Sono invece spuri la Canzona per soprano "Se tu
m'ami", l'ultimo movimento dei Concerti armonici di Ulrico Wilhelm
van Wassenaer (1740), alcuni tempi tratti da varie Sonate a tre
attribuite al compositore napoletano Domenico Gallo, le Otto lezioni per
clavicembalo (pubblicate a Londra tra il 1771 e il 1778), e una Suite
per orchestra attribuita a Fortunato Chelleri. Stravinskij cominciò a
lavorare su quei frammenti a Morges («Cominciai a comporre direttamente sui
manoscritti di Pergolesi, come se stessi correggendo un mio vecchio lavoro
[...]. Sapevo benissimo che non avrei potuto produrre una contraffazione [...]
al massimo potevo ripetere Pergolesi con il mio accento personale») portando a
termine la partitura il 20 aprile 1920.
Nella vasta produzione stravinskijana, Pulcinella
viene considerata l'opera capostipite della fase cosiddetta neoclassica, e
l'esempio più eclatante della poetica dei recuperi della musica del passato,
della "musica al quadrato": «Pulcinella fu la mia scoperta del
passato [...] uno sguardo all'indietro, la prima di molte avventure amorose in
quella direzione». Dopo la prima diretta da Ernest Ansermet all'Opera di
Parigi, il 15 maggio 1920, ci fu chi parlò del "gusto da cleptomane del
musicista russo", e chi giudicò Pulcinella solo un'abile
trascrizione. Ma il grande successo che ottenne spinse due anni dopo Stravinskij
a rielaborare la partitura in una Suite da concerto, che fu diretta il
22 dicembre 1922 da Pierre Monteux sul podio dell'Orchestra sinfonica di
Boston, e poi revisionata nel 1949.
Nella Suite Stravinskij eliminò tutte le
parti vocali, che comunque non erano direttamente legate all'azione del
balletto (Stravinskij aveva previsto che i tre solisti cantassero in orchestra,
senza essere identifìcabili con i danzatori sulla scena), sostituendole con
linee strumentali (ad esempio la parte del tenore nel secondo movimento, la Serenata,
è sostituita dall'oboe). E ridusse i movimenti da 18 a 8 (con un dimezzamento
complessivo della durata): ai primi cinque movimenti del balletto corrispondono
i primi tre della Suite (con l'accorpamento di Scherzino, Allegro
e Andantino nel terzo movimento), mentre dagli ultimi tempi del balletto
sono stati ricavati gli altri movimenti della Suite (ancora con
l'accorpamento di Minuetto e Finale nel movimento conclusivo).
La Suite appare quindi come un concentrato
delle caratteristiche musicali del balletto Pulcinella, la quintessenza
del Neoclassicismo di Stravinskij, di quel geniale gioco di metamorfosi che gli
permise di mantenere inalterate le linee melodiche dei frammenti originali,
attenendosi anche per i bassi allo stile di Pergolesi, ma deformandone tutti
gli altri parametri. Il compositore intervenne sistematicamente sulle strutture
fraseologiche, per rompere la simmetria delle frasi, attraverso lo spostamento
degli accenti, l'aggiunta o l'elisione di tempi e di battute. Ma anche mettendo
in primo piano elementi originariamente di stondo, come i disegni di
accompagnamento, deformando le ripetizioni del Tutti all'interno dello schema
rigido del concerto barocco, aggiungendo elementi atti ad incrementare la
propulsione ritmica. Con un organico che escludeva i clarinetti e conservava la
divisione in "concertino" e "ripieno", tipica del Concerto
Grosso, Stravinskij riuscì anche a creare un "sound" molto
particolare, basato soprattutto sugli impasti degli strumenti a fiato, e sulla
ricerca di originali soluzioni timbriche: ad esempio le continue permutazioni
di colori strumentali nello Scherzino (tratto dal Moderato
iniziale della Sonata in si bemolle maggiore di Gallo) o le combinazioni
di armonici di violini e flauti nell'Andantino (tratto dall'Allegro
della Sonata in si bemolle maggiore di Gallo), entrambi nel terzo
movimento. Ricercò anche l'effetto, come quello descrittivo degli archi che
imitano il suono di un tamburello nella Tarantella (tratta dal secondo
dei Concerti Armonici di van Wassenaer), o quello grottesco del trombone
e del contrabbasso nel settimo movimento (Vivo). Alterò l'impianto
tonale, inserendo accordi dissonanti, strutture politonali, slittamenti
armonici improvvisi, ad esempio nell'esuberante Sinfonia iniziale, e
prolungando alcune armonie, come nel caso del bordone che accentua l'atmosfera
pastorale della Serenata (tratta dall'Aria di Polidoro del Flaminio).
Introdusse infine pungenti ostinati ritmici,
carichi di humour, come quello che accompagna la Gavotta con due
Variazioni (tratta dalle Otto Lezioni per clavicembalo, o ancora nel
Finale (tratto dalla Sonata a tre in mi maggiore di Gallo), con
la sua formula di chiusura che viene reiterata fino all'ossessione.
Gianluigi Mattietti
Guida all'ascolto 2 (nota 2)
Dal balletto con canto in un atto Pulcinella,
commissionatogli da Diaghilev e rappresentato per la prima volta a Parigi il 15
maggio 1920, Stravinskij trasse nel 1922 una suite da concerto composta di otto
numeri dei diciotto originari. In essi le voci sono sostituite dagli strumenti,
e ciò accresce la genialità di questa singolare rivisitazione del Settecento
napoletano, una delle pietre miliari del neoclassicismo novecentesco. Per la
prima volta, rifacendosi ad un materiale proveniente dal passato (nel nome del
massimo rappresentante della scuola napoletana, Giovanni Battista Pergolesi),
Stravinskij stabiliva un rapporto tra avanguardia e tradizione, tra libera
invenzione e ricalco stilistico di procedimenti compositivi lontani nel tempo:
assunti, questi ultimi, non per essere restaurati, ma per risuonare come voci
immediate del presente, con i tratti inequivocabili della modernità. In questo
senso ha poca importanza che buona parte dei materiali su cui lavorò
Stravinskij fossero falsi pergolesiani, come le indagini più recenti hanno
dimostrato (solo nove dei pezzi inseriti nel Pulcinella sono davvero di
Pergolesi): ciò che conta è il gesto, e in secondo luogo la realizzazione,
ossia la saldatura di passato e presente sul piano di una appropriazione
disinvolta perché puramente musicale. Dove la vertigine che avvolge con le sue
armonie dissonanti e i suoi ritmi spezzati il materiale di partenza si
ricompone nella nitidezza di una strumentazione incredibilmente ricca di
trovate pur nell'organico limitato dell'orchestra da camera. Ognuno degli otto
pezzi circoscrive un mondo sonoro ed espressivo a sé stante, ben al di là dei
riferimenti a forme volutamente classiche (dalla Ouverture alla Serenata, alla
Tarantella, dalla Toccata alla Gavotta con variazioni, al Minuetto che precede
il gran finale); essi coniugano un lucido virtuosismo a un gusto dello
spiazzamento e della sorpresa, che ne è il connotato fondamentale: con diversi
tipi di intervento che vanno dalla funzione straniante, grottesca e
caricaturale della strumentazione (esempio massimo l'uso sfrontato del trombone
nel settimo brano, Vivo), alla solare immedesimazione nell'estrosa vitalità dei
ritmi e nelle figure di un paesaggio dai colori accesi. Visto però attraverso
la lente d'ingrandimento di particolari deformati, come nei quadri di Picasso.
Sergio Sablich
(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto
dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della
Musica, 22 maggio 2010
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto
de Teatro Comunale di Ferrara, Ferrara, 10 aprile 1992.